La devozione al Preziosissimo Sangue

era così rappresentata

Le scapillate

La fede popolare al Sangue Sparso ha avuto fino ad alcuni anni fa radici profonde che sfociavano in manifestazioni esteriori di ringraziamento per grazia ricevuta o di preghiera per ottenerne.

Era molto comune nel nostro paese far voto al Sangue Sparso di portare in Chiesa delle vergini, tutte vestite di bianco: “le scapillate”. L’offerta delle vergini ha origini molto antiche, risale sicuramente ai riti propiziatori che facevano, i pagani per ingraziarsi il favore degli dei. Da noi la manifestazione poteva sembrare uno spettacolo agli occhi di increduli e miscredenti, ma era un modo profondo di manifestare la propria fede che era viva e sentita.

Chi portava il voto doveva contattare delle ragazze, non meno di sei, che il giorno della festa, prima della processione o anche la mattina , se coincidevano più manifestazioni di voto, dovevano trovarsi tutte alla casa del postulante. Le verginelle erano fanciulle da costumi illibati e perciò più gradite a Dio. Il vestito che doveva essere necessariamente bianco, un nastro rosso legato nella fronte con i capelli sciolti e lunghi davano alla manifestazione un significato simbolico facilmente intuibile.

Si usciva quindi in processione dalla casa della persona ammalato o guarita che andava avanti con in mano il simbolo del sacrificio di Cristo, la Croce, anch’essa addobbata con un nastro rosso e dietro tutte le vergini, tutte scalze in fila come in processione che intonavano cantando delle preghiere, infine i genitori del postulante che portavano in un cesto le scarpe delle ragazze. La tradizione orale ha conservato alcuni versi dei canti che venivano intonati a e c’erano due gruppi o cori.

Ci partimmo ra sta casa

e Ti portammo e scapillate

...

Tutte scalze e scapillate

nanzi a chiesa addennocchiate

...Sanguo Sparso mio bello

mo ti porto e verginelle.

Te le porto pe’ fede e pe’ voto

che la grazia l’immo avuta

Sanguo Sparso mio avvocato

mo ti porto e scapillate

Te le porta no malato

ca ra la morte, l’hai salvato.

Arrivati sulla soglia della chiesa tutti si inginocchiavano e camminando in ginocchio si arriva all’altare del Sangue Sparso che si trovava a sinistra per chi entrava. Dopo aver pregato ciascuna ragazza legava i capelli con il nastro che aveva sulla fronte calzava le scarpe e poteva uscire dalla chiesa. Il postulante offriva al Sangue Sparso dei fiori, ma qualche volta degli ex voto come quelli che si possono ancora vedere nella Basilica di Montevergine.

Questa manifestazione di fede l’ultima volta si è svolta nel 1963 per cui, se è viva nel ricordo dei più anziani è sconosciuta ai parolisani più giovani. Negli anni quaranta e cinquanta il voto al Sangue Sparso raccontano i nostri nonni veniva portato anche dai fedeli di altri paesi del circondario, specialmente da Chiusano che sentivano viva la devozione al crocifisso, al pari dei parolisani.

Il voto di portare le “verginelle” aveva un  grande contenuto spirituale che può racchiudersi nelle parole verginità, penitenza, preghiera, elemosina.

Con queste caratteristiche il voto aveva la massima efficacia.

Un cuore che chiede e ringrazia e prega con la voce della purezza, unita all’efficacia della penitenza e alla potenza dell’elemosina è sicuramente ascoltato e i nostri avi avevano visto giusto, nei loro gesti c’era sicuramente dell’eroismo che può fare solo che crede e ama perché “amnia vincit amor”.

Qualcuno oggi giudicherebbe tali manifestazioni inadeguate perché resti di antichi culti che sanno di profano.

L’uomo ha sempre pregato. Il verbo pregare deve prendersi nel senso più alto della parola come rivolgersi ad un essere superiore capace di soddisfare le esigenze del richiedente.

Le manifestazioni esterne e i sentimenti che nascevano nel cuore dell’uomo erano i sentimenti dell’uomo e pertanto sacri sia nel paganesimo che nel cristianesimo, erano un atto di fede.

...La fede è bella senza lì “chissà”

senza lì “come” e senza lì “perché”.

TRILUSSA 

(di Alfonsina Magliaro)